lunedì 5 aprile 2010

Salon du livre de Paris, 26-31 marzo 2010





Anche quest'anno a Parigi si è svolto il Salone del libro, giunto alla trentesima edizione. Un'occasione per effettuare una completa immersione nel mondo della lettura che non può lasciare indifferenti gli appassionati. Per festeggiare l'anniversario, il programma dell'evento, già denso e interessante, si è arricchito grazie all'intervento di 90 autori di fama internazionale, tra cui Paul Auster, Umberto Eco, Imré Kertész, Doris Lessing, Amélie Nothomb, Salman Rushdie e Luis Sepùlveda, che durante ciascuna giornata hanno animato il Pavillon des 30 ans. 
Il palco dedicato agli ospiti d'onore è stato, infatti, il punto focale della mostra, teatro di incontro e dialogo tra gli scrittori e di sguardi incrociati sul vasto panorama romanzesco e filosofico. Nel corso dei vari incontri, velati da una nota di eclettismo, sono state affrontate diverse tematiche: dal teatro al cinema, dal romanzo poliziesco a quello femminile, e, inoltre la letteratura di viaggio, le influenze letterarie, la questione dell'identità. Tema dell'evento, che ha avuto come protagonisti autori sia francesi che stranieri, in rappresentanza della diversità e della ricchezza dell'editoria attuale, è stato "raccontare il mondo".
In realtà, la dimensione internazionale proposta dal Salone è stata percepita nel suo complesso: 25 Paesi erano presenti, tra i quali la Turchia, la Russia, la Germania, Israele, il Libano, il Marocco, la Cina, e persino due regioni italiane: la Valle d'Aosta e la Sardegna. 
Anche le altre arti hanno trovato uno spazio al Salone: design, fotografia, litografia, di cui si è discusso nella sezione "Le village des arts", un'occasione per incontrare giovani artisti che hanno esposto le loro opere. Un particolare omaggio è stato dedicato agli estimatori del fumetto e dei manga giapponesi. 
Un altro aspetto interessante del Salone parigino è stata, a mio avviso, la sezione dedicata al futuro tecnologico del libro. Per il terzo anno consecutivo, infatti, il Salone del libro ha dedicato uno spazio ai diversi supporti di lettura gestito da Sony, che per l'occasione ha presentato il nuovo Reader Touch EditionTM, una sorta di versione letteraria del più comune e diffuso iPod musicale, capace di immagazzinare dati corrispondenti a migliaia di testi, ai quali si può accedere con facilità durante i propri spostamenti. 
Si è parlato molto della moda degli audiolibri e dell'uso delle tecnologie nell'editoria e su questo tema è stato incentrato l'intervento di Umberto Eco e Jean-Claude Carrière, coautori di un saggio ironicamente intitolato N'espérez pas vous dèbarrasser des livres, pubblicato in Francia alla fine del 2009. Il futuro del libro è davvero in pericolo? Rischieremo, tra qualche anno, di vedere la carta stampata sostituita completamente da opere digitalizzate? La risposta dei due autori è, ovviamente, no: il fascino delle pagine da sfogliare e il sentimentalismo legato all'inchiostro sulla carta non sono paragonabili alla fredda e distaccata scrittura al computer. E dire che i primi scrittori che abbandonarono la penna per la macchina da scrivere, tanti anni fa, già sembravano avere adottato una "scrittura automatica"! E' essenziale imparare a conoscere le nuove tecnologie, convivere con esse e saperle gestire, nell'editoria come nel cinema e, soprattutto, non dimenticare mai la dimensione umana, per evitare lo scenario desolante di un futuro non lontano in cui film prodotti interamente da macchine saranno anche visti da macchine (Carrière).





Letture del domani, interculturalità e fusione artistica: tre espressioni che sintetizzano al meglio la trentesima edizione del Salon du livre, che quest'anno ho visitato per la prima volta. Decine di libri sfogliati, alcuni acquistati, qualche autografo atteso da tempo, e tantissimi spunti di riflessione. Un'esperienza davvero bella cha ha arricchito il mio soggiorno parigino, e che credo valga anche da sola un viaggio nella capitale francese. E intanto già si pensa alla prossima edizione. 

sabato 6 marzo 2010

Miti e modernità

Chi non ha il coraggio di aprirsi alla crisi, rinunciando alle idee-mito che finora hanno diretto la sua vita, si espone a quella inquietudine propria di chi più non capisce, più non si orienta.
Umberto Galimberti, I miti del nostro tempo, Milano, Feltrinelli, 2009, pp.406, E. 19,00

Sin dai tempi più remoti il mito, nella sua veste arcana e fiabesca,  ha accompagnato la storia dell'umanità. Il suo significato etimologico è pervaso da un alone leggendario che gli è valso la definizione più comune di narrazione idealizzata della realtà. Pertanto l'opposto del mito, che si attua per mezzo della demitizzazione, consiste nel crollo del sistema idealistico che riconduce l'esistenza alla sua autentica veridicità. Come afferma Ryle "Il mito non è una fiaba, ma piuttosto un presentare certi fatti in un idioma non appropriato. Dunque far saltare un mito non è negare quei fatti, ma restituirli al loro idioma." (G. Ryle, Lo spirito come comportamento, 1949, p. 4)
Con questa citazione di apertura alla sua ultima pubblicazione, Umberto Galimberti introduce il tema de I miti del nostro tempo, testo consacrato all'analisi del mito nella contemporaneità. Che la nostra società sia invasa da miti è un dato di fatto: lo confermano il moderno linguaggio comunicativo e le immagini martellanti della pubblicità che ci vengono offerte quotidianamente attraverso canali di trasmissione sempre più sofisticati. I miti sono idee, come le definisce Galimberti, "idee che ci possiedono e ci governano" (p.11) attraverso meccanismi profondi radicati nella nostra psiche, a volte persino sconosciuti alla ragione. Ora, accade che alla stabilità interiore delle idee-mitizzate, che caratterizza la forma mentis individuale, si contrappone la rapida metamorfosi della vita esteriore; per cui restare ancorati a un pensiero fossilizzato ci impedisce di comprendere il mondo odierno e di stare al passo con l'incessante divenire della società.
Le trasformazioni che investono le dinamiche sociali hanno prevedibili ripercussioni sulla psiche individuale, che, ancorata ad uno schema di idee fisse, vede estinguersi ogni sua capacità critica e valutativa. Pertanto, è necessario un rinnovamento a livello psichico, "un radicale superamento dell'inerzia della mente" (p. 12) che implica come condizione necessaria lo svecchiamento dei miti.
Attraverso questo testo, Galimberti è riuscito nel suo intento di presentare agli occhi del lettore un quadro realistico della società attuale, nella quale si riflettono temi e problemi comuni. Sfogliando le pagine del libro, è facile riconoscere negli aspetti che vengono di volta in volta trattati, le ansie, i dubbi e le paure di ognuno. L'autore fonda la sua riflessione su una bipartizione sistematica, individuando due macroaree: i miti individuali e i miti collettivi, e passa in rassegna tematiche di grande peso nel dibattito contemporaneo. Si va da dal costume sociale: il mito della moda, del potere, della giovinezza, dell'identità sessuale, alla diffidenza che ancora mostriamo nei confronti del progresso tecnico-scientifico, e poi al tanto temuto terrorismo e alla sfida tutta contemporanea della globalizzazione.
La parola chiave dell'intero testo sembra essere - ricorrendo a un' espressione già sentita in ambito filosofico - "trasvalutazione dei valori". Ancora una volta Galimberti affronta la minaccia dell'annichilimento psichico, e lo fa seguendo una linea di riflessione di nietzschiana memoria. Del resto solo qualche anno fa, ne L'ospite inquietante  si è interessato al problema dei rapporti tra individuo e società.
A questo punto, magari, verrebbe da chiedersi: siamo veramente pronti per vivere nel "nostro tempo"?


mercoledì 17 febbraio 2010

Dei gatti...e delle loro storie

Tra le varie notizie che ho appreso quest'oggi sfogliando i quotidiani (operazione che compio prevalentemente in rete, quindi mi sa che occorre cambiare il verbo!) mi sono imbattuta in un articolo simpatico che mi ha subito incuriosito molto. Ho appreso con grande stupore che in data odierna, 17 febbraio, si celebra la festa dei gatti! Un'altra festa dedicata al consumismo più sfrenato dopo San Valentino, festa della mamma, festa del papà, giudicate più o meno inutili e finalizzate unicamente agli acquisti? Almeno, però, non dovremo sentirci in obbligo di comprare fiori, cioccolatini, profumi o quant'altro: credo che ai nostri amici felini non interessino un gran che!
Sembra che la data in cui si è deciso di celebrare questa festa abbia un significato ben preciso: febbraio, secondo l'astrologia, è il mese dedicato agli spiriti liberi, quali sono i nostri simpatici quadrupedi, mentre il giorno 17 è stato scelto per sfatare la superstizione, che lega da sempre i gatti alla magia e alla cattiva sorte.
Come per ogni ricorrenza che si rispetti, nelle più importanti città italiane si sono tenute oggi manifestazioni e rassegne culturali dedicate ai teneri animaletti pelosi (per ulteriori notizie vi rimando all'articolo letto su Repubblica).
Il gatto è l'animale simbolo della domesticità per eccellenza: tranquillo e un po' poltrone, anche se al  tempo stesso selvaggio e distaccato. Elegante e misterioso, dona austerità e un tocco di raffinatezza alla casa. Morbidi e pelosi, sottili e affusolati, con i loro lunghi baffi e gli occhioni vispi e attenti, i gatti sono creature enigmatiche, circondate da un'aura di magia.
Quella dei gatti è una lunga storia: oggetto di credenze e storie fantastiche, da tempi immemorabili hanno ispirato poeti e scrittori. Mi viene in mente il celebre racconto di Edgar Allan Poe, The Black Cat (Il gatto nero) che ho avuto occasione di leggere più volte: al liceo, nell'ambito delle letture relative alla narrativa inglese, e poi all'università, analizzato in maniera approfondità per un esame. Un classico della letteratura anglo-americana da non perdere, particolarmente consigliato agli amanti del genere gotico-horror, alla Edgar Allan Poe, per intenderci. Personalmente trovo che le storie in cui compaiono i gatti siano più avvincenti e interessanti. 

Di recente - a dire il vero, proprio da pochissimi giorni - è uscita in libreria un'antologia dedicata ai gatti, nella quale è citato anche Poe. Una raccolta di storie, novelle e, persino saggi filosofici dedicati ai gatti, opere di grandi romanzieri e scrittori. Imperdibile per gli amanti del fascinoso felino.

Per chi fosse interessato alla tematica da un punto di vista più strettamente filosofico, consiglio inoltre l'altrettanto recente Gatto ergo sum di Federica Sgarbi, un modo giocoso e divertente di riflettere sulla nostra vita attraverso il punto di vista felino di un quadrupede di nome Set. L'ironia del titolo e lo spirito del testo mi incuriosiscono molto. Ora che ci penso, sono proprio alla ricerca del prossimo libro da leggere!



sabato 16 gennaio 2010

Finalmente!

Sono trascorse ormai due settimane dall'inizio del nuovo anno e non ho ancora avuto il tempo di scrivere un post datato 2010. Be', c'è da dire anche che le ultime righe che ho scritto da queste parti risalgono ad ottobre 2009! Devo aver avuto un bel daffare in questi due mesi! E' vero che il tempo scorre inesorabilmente, senza che ce ne rendiamo neanche conto, a volte.
Ho avuto l'idea di aprire un blog in autunno. Perché vi chiederete. La risposta è semplice e forse anche un po' ovvia; per trasmettere i miei pensieri, le mie emozioni e sensazioni, per condividerli con gli altri, con voi, che spero comincerete, e continuerete, a leggermi. Confesso di essere nuova della blogosfera, come creatrice di uno spazio personale intendo, perché come lettrice sono quasi una veterana, nel senso che già da un po' di tempo mi piace e mi appassiona leggere i blog degli altri; alcuni che ormai conosco e leggo regolarmente, altri nei quali mi imbatto casualmente nel corso delle mie quotidiane ricerche sul web.
Fino a poco tempo fa il mio blog non era ancora visibile nei motori di ricerca, il che, devo essere sincera, mi preoccupava un po'. Stamattina, però, mentre navigavo in rete, non so come, non so perché, mi è venuto in mente di fare una verifica, e, come d'incanto, digitando il titolo nella casella di Google mi sono ritrovata in fondo alla prima pagina. E' stato davvero emozionante, come dire, finalmente anch'io ho un ruolo attivo del web, una gran bella soddisfazione!
Ed è stato proprio questo a spingermi a scrivere questo post, per fare quattro chiacchiere con voi, o miei cari futuri lettori e amici blogger, che spero mi seguiate in questa avventura. Ho notato che la mia pagina è un po' spoglia, devo immediatamente mettermi a lavoro e darmi da fare per riempirla. Posso però anticiparvi in qualche maniera i contenuti del mio blog, associati ai miei interessi che spaziano dalla letteratura, alla fotografia, dai romanzi alla poesia, all'arte, al cinema, alla filosofia e alla cultura in genere. E perchè non dare spazio anche alla scrittura creativa, in cui mi sto cimentando ultimamente, e magari anche alla cucina, che nel giro di un annetto è diventata per me una grande passione.
Ora mi sa che è meglio che vada, devo finire un libro molto interessante, e iniziare a leggerne un altro che avevo in programma da tempo e di cui sono molto curiosa di scoprire la trama. Ve ne parlerò.

martedì 27 ottobre 2009

Strategie di (non) lettura


Ovvero, "Come parlare di un libro senza averlo mai letto?" Se lo è chiesto lo scrittore e psicanalista francese Pierre Bayard, che in un suo saggio recente, dato alle stampe nel 2007, ha lanciato una provocazione al mondo della cultura e dell'editoria, propinando ciò che apppare una sorta di manuale di istruzioni per abituarsi alla non lettura . Chissà se avrà pensato al successo assicurato tra il pubblico giovanile, quando ha deciso di intitolare il suo libro con l'interrogativo menzionato sopra, ad ogni modo è facile immaginare che un testo simile  avrà senz'altro destato la curiosità di studenti allettati dalla possibilità di vedersi dimezzate le ore di studio in vista di esami e interrogazioni, con la quasi certezza di rendere comunque al meglio. E ancora, ci si domanda, avrà mai tenuto conto delle critiche che si sarebbe attirato, pubblicando un testo simile, in un'epoca in cui si parla di crisi del settore editoriale, e in cui i giovani si rifugiano sempre più nelle novità dell'elettronica anziché della carta stampata?
Leggendo il testo con attenzione, il che potrebbe sembrare un tantino ironico in tale contesto, ci si accorge però che l'intento dell'autore è decisamente un altro, e che il titolo del suo libro, che apparentemente suona come un invito alla non lettura, in realtà rappresenta la chiave di accesso al meraviglioso e sconfinato mondo dei libri e della letteratura, fatto di pensieri, ricordi, idee, di un continuo dialogo intertestuale costruito dagli stessi testi. 
Quante volte ci sarà capitato che, leggendo un romanzo appena acquistato, già dall'incipit intuiamo il prosieguo della storia. Un processo inverso ha luogo, invece, nel momento in cui un frase letta tra le righe di un libro nuovo ci rimanda quasi inconsciamente a un libro vecchio, letto qualche anno addietro, magari a scuola, e che giace impolverato nello scaffale della nostra libreria, e che forse avevamo dimenticato di possedere, o addirittura di aver letto. Ed ecco che, come per magia, tutta la trama ci ritorna in mente, un episodio saliente, qualche personaggio che ci ha colpiti; e poi ci rendiamo conto di essere in grado di raccontarla, la trama, di parlare di quel vecchio libro che sembrava uscito dai nostri ricordi. 
Bayard propone una sorta di catalogazione dei libri, distinguendo tra libri che non si conoscono, libri che si sono sfogliati, libri di cui si è sentito parlare, libri che si sono dimenticati, e giunge alla conclusione che "non è tanto il libro come tale ad esistere, ma l'insieme di una situazione di comunicazione in cui esso circola e si modifica", e che pertanto "è proprio a questa situazione che bisogna dimostrarsi sensibili per essere in grado di parlare di un libro senza averlo letto".
La lettura, da atto passivo come può sembrare, diventa quindi un'occasione per esprimere la propria creatività, dal momento che leggere non è soltanto ricezione, bensì trasformazione, riflessione ed intuizione.  
Speriamo, a questo punto, che quanto detto possa essere di aiuto e di conforto a tutti coloro che al cospetto di un grande, ed imponente, capolavoro letterario dalle mille pagine in su appaiono ancora sconvolti e titubanti. 


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sabato 12 settembre 2009

"Emotion recollected in tranquillity"...


... con questa espressione il celebre poeta romantico William Wordsworth rendeva nota la sua definizione di poesia, una serie di riflessioni scaturite da una emozione provata di fronte ad un evento verificatosi in passato e riportata alla mente nella calma e nella solitudine del suo studio.
La letteratura novecentesca offre diversi esempi di poesie nate da ricordi custoditi nel profondo dell'animo e riaffiorati alla coscienza nel corso di un avvenimento, spesso si tratta di un semplice gesto o di una semplice azione quotidiana, che ci riporta indietro nel tempo  al momento in in cui tale esperienza è stata vissuta. 
Un oggetto particolare, un suono, una fotografia, un quadro, qualsiasi cosa può far scattare nella nostra mente le intermittenze di cuore di memoria proustiana o i momenti epifanici che caratterizzano i personaggi di Joyce.

Questo breve excursus letterario ha la funzione di spiegare la genesi di una poesia che ho scritto di getto qualche tempo fa, dopo avere osservato una foto di un viaggio recente che ritraeva una Parigi innevata. Improvvisamente mi sono ritrovata lì, in una ville lumière imbiancata dalla neve, fredda e un po' malinconica, a passeggiare sul romantico Pont des Arts, intenta ad osservare una coppia di innamorati dall'aria triste. 
Questa poesia, dedicata all'inverno, alla stagione fredda che ci apprestiamo ad accogliere in quest'ultimo scampolo d'estate, termina con una nota di speranza, quasi un inizio della primavera fuori e dentro l'anima.
L'ho scritta di getto, e in francese, consapevole del fatto che non sarei riuscita a rendere al meglio le mie emozioni in un altra lingua.
 

L'hiver

Blanche, la neige tombe,

candide, resplendissante,

sur le sol gelé.

 

Pure, la pluie descend.

Ces gouttes envoûtantes,

les larmes du ciel.

 

Coulent les eaux courantes,

brille le fleuve glacé.

La ville est trempée.

 

Ça réchauffe mon coeur,

heureux de t’embrasser.


 

Robert Doisneau, Le Baiser de l' hôtel de ville (1950)